Antonella Micaletti, Bianco-Valente, 2001

Manipolando immagini, Giovanna Bianco e Pino Valente è come se cercassero di tracciare nuove mappe per scoprire nuove dimensioni.
Danno fisicità ad una dimensione impalpabile, rendono visibile l'immagine mentale e finiscono per circumnavigare se stessi.
Se infatti la forza visiva dell'immagine corrisponde ogni volta alla rivelazione di un ambito sconosciuto e poco descrivibile, ancor di più rappresenta una diversa tappa di un processo di trasformazione, che è corporeo e biologico prima che visivo ed estetico.
Soprattutto, esso riguarda gli artisti stessi prima che il fruitore.

L'idea che la realtà sia innanzitutto un perpetuo flusso di trasformazione li induce a stare ricurvi, con la stessa ossessione di due studiosi, a ricercare tutti i possibili passaggi, a fissare e a rendere reale qualunque stadio che, pur essendo transitorio, possa essere colto e difuso.

La loro casa è il loro cervello, il luogo in cui avengono la catena di processi che rende consapevoli di qualunque operazione stessa del pensiero. Elaborano gran parte del loro lavoro stando in casa, al computer, cercando di penetrare il mondo a partire da minuscoli frammenti, dimostrando con ogni lavoro che la poesia e l'arte sono soprattutto un atto cognitivo. In quanto tale, il loro destino è di registrare se stessi, aspettando di compiersi indefinitamente.

Infatti immagini suadenti, suoni e colori catturano lo spettatore in inedite realtà tridimensionali. Ma poi la loro poetica si scopre soprattutto un'arte del limite: la leggerezza e delicatezza dell'opera tradisce la natura incorporea delle immagini, rivelando che la loro poesia è un'emanazione della mente e in quanto tale non ha confini. Bianco-Valente si esprimono soprattutto attraverso il video proprio per la qualità instabile propria della scarsa risoluzione delle immagini elettroniche, che risulta perciò appropriata alla natura puramente mentale delle stesse.

Anche la loro installazione richiama la loro natura non oggettiva. In "Untitled" (1998) per esempio una figura umana che si muove lentamente è visibile in un minuscolo schermo a cristalli liquidi incassato nel muro, costringendo perciò lo spettatore ad un isolamento dagli altri e ad una concentrazione sulla propria dimensione, su uno spazio assolutamente ristretto ad un'esperienza individuale. Il lavoro, d'altra parte, è installato all'interno di una mostra e quindi l'operazione di fruizione viene effettuata da tanti singoli individui, che non possono comunicare su di esso se non operando un'ulteriore trasformazione attraverso il linguaggio.

Nel video "Welcome X" (1998), realizzato insieme al gruppo musicale 24 Grana, si susseguono immagini organiche ad altre che rimandano ad un non identificabile paesaggio, con un ritmo che sembra trasformare le une nelle altre.

E più recentemente il soggetto delle loro immagini è sempre più esplicitamente organico: il particolare biologico che rende possibile lo scambio tra realtà e attività cognitiva, tra invisibile e percepibile. Cellule cerebrali ingigantite e colorate diventano soggetti del lavoro, ritratti di organismi viventi che portano in se contemporaneamente tanto la memoria di dati contenuti geneticamente quanto il futuro delle operazioni fisiche ed emozionali che saranno in grado di innescare.
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Tratto da: House, cat. a cura di A. Micaletti, M. Massaioli Editore, Pesaro, 2001

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